Descrizione

Marino Gianantonio in arte Zago,nasce a Trieste il 30/12/1949.Si trasferisce a Verona nel 1957 e tuttora vi risiede.Autodidatta,diplomato in grafica pubblicitaria,inizia a dipingere nei primi anni 70.
Partecipa a poche collettive e ancor meno personali.Interessante una sua esposizione nel 1996 presso Hofstra University a New York con una ventina di quadri ad olio raffiguranti scorci inediti di Verona.
Dal 1994,abbandona la pittura figurativa e paesaggistica per un astratto informale e figurativo di tipo mosaico. Amante del colore,esso domina sul segno,ma mai in contrasto fra loro. Dal 1999 Zago si cimenta anche con la digital-art, vista la sua innata e intrinseca fantasia e versatilita’ artistica. Attualmente dedica molto tempo anche per la creazione di quadri polimaterici composti da materiali di riciclo che talvolta raccoglie per strada.Lattine,pezzi di plastica,schede telefoniche,tappi e quant’altro il consumismo dei giorni nostri trasforma in monnezza. Zago non si limita ad assembrarli solamente ma li arricchisce artisticamente,coadiuvandosi di spry,acrilici ,smalti ed oli. Tutto questo per far si che nel tempo le sue creazioni ,oltre che opere d’arte, conservino spicchi di storia dei nostri tempi da lasciare alla meditazione dei posteri.
Zago il riciclante – Testo critico di Rosa Spinillo sull’informale materico dell’artista

Zago non vuole essere definito, incasellato, è un artista poliedrico, versatile, suggestionato profondamente dall’arte del secondo Novecento di cui fa sicuramente parte come nascita ma non come formazione. 
La sua formazione è stata la “strada”, la frequentazione di altri artisti un pò dannati come lui, tra cui Mario Schifano e altri. Zago ha ben assimilato la lezione di Schifano e Rauscheunbeurg, ne è rimasto profondamente suggestionato, seppure inconsciamente. Come non pensare anche a Warhol o a Manzoni, c’è una parte del caro vecchio Novecento nell’immaginario di quest’artista che pur non avendo studiato la storia dell’Arte, la cita attraverso le sue sensazioni, le sue emozioni. Si fa stravolgere dalla passione di un colore forte, un rosso puro o un blu vivido che fa colare sulla tela in una sorta di “dripping” alla Jackson Pollock. E poi come non citare ulteriormente Burri con i suoi sacchi e le sue combustioni, o Fontana con i suoi tagli netti, Zago è tutto questo, ma è anche di più. La sua ricerca è sempre in continua evoluzione anche quando raccatta materiale di risulta, che siano lattine di coca, siringhe, condom, racchette sfondate, scarpe vecchie, accendini, mozziconi di sigarette, scarti di cibo, mi sembra quasi di vedere uno Zago – Daniel Spoerri all’opera, tante idee che inesorabilmente faranno della spazzatura vera Arte; non senza una vena d’ironia. L’ironia, il non prendersi troppo sul serio, fa di un’artista un vero artista, il sapiente mettersi in gioco, l’apertura mentale, la grande intelligenza e la capacità di ricerca fanno il resto. Ed ecco che la magia si compie: nasce l’opera d’arte come da un dio demiurgo-fabbricatore, una sorte di nume tutelare che ogni artista si porta dentro di sè. Perché l’Arte è espressione del proprio sé più autentico e profondo, è il linguaggio che riflette lo spirito del tempo in cui l’artista vive, è il comunicare un messaggio, è un uscire dai provincialismi. Solo così può nascere la grande Arte, altrimenti resta puro dilettantismo.
Zago ha dedicato una vita all’Arte, nella sua solitudine di artista è pregno di idee, di suggestioni, sensazioni. Gli inizi dell’artista sono figurativi, negli anni Novanta espone a New York una ventina di landscapes che raffigurano scorci di Verona, la sua città adorata. Alla fine degli anni Novanta abbandona la figurazione volgendosi a un linguaggio neo- divisionista fino a sconfinare nell’astrazione. Famose le tele denominate “mosaico” di questo periodo. Ma la sua attenzione oggi è rivolta al polimaterismo, in cui una materia fortissima grondante di colore domina lo spazio delle sue superfici, vi convivono oggetti morti, consunti dal tempo, assemblage e ready- made post-duchampiani, una quasi riedizione della favola Dada che nel nostro contemporaneo è sempre presente. Arte per provocare? La provocazione domina ormai ogni linguaggio, che ben venga se serve a scuotere le coscienze, no se non comunica niente di fondo. E la “Monnezza” come la chiama Zago, non esiste solo agli angoli delle strade ma anche nelle nostre coscienze di menti che osservano, ma non fanno nulla per cambiare il proprio destino. Zago non è solo un’artista, è un sognatore che crede in un mondo migliore, una persona rara priva di ipocrisia, leale, vera come poche. Esiste anche uno Zago fotografo, artista digitale, notevole non c’è che dire. Ma sinceramente preferisco l’ultimo Zago, artista neo-informale quale egli è, con le sue creazioni cariche di “monnezza”, ed è proprio qui che raggiunge gli apici della sua vena creativa. Gli consiglierei di continuare in questo senso, di ricercare nuovi materiali, perché l’Arte è continua ricerca, ricerca..ricerca..
Sei un ricercatore nato Zago, sono sicura che mi hai capita, con i miei migliori in bocca ai lupi!